giovedì 27 dicembre 2012

THE SOUND OF LONDON - Amy Winehouse

Amy Jade Winehouse nasce il 14 settembre 1983 da una famiglia di origine ebreo-russa a Southgate, quartiere settentrionale di Londra. Già in età adolescente mostra di preferire la musica allo studio (a 13 anni viene espulsa da scuola per scarso profitto), fondando un piccolo gruppo rap amatoriale che già nel nome, Sweet’n’Sour, si ispira al modello delle Salt’n’Pepa. A sedici anni Amy è già votata al professionismo: la nota l’astuto ideatore di “Pop Idol”, Simon Fuller, che la mette sotto contratto con la sua agenzia di management, 19 Entertainment, e le procura un contratto discografico con la Island Records. Il primo album, FRANK, esce nel 2003 riscuotendo subito un ottimo successo di critica e di pubblico (disco di platino, oltre 300.000 copie vendute) grazie alle sofisticate sonorità vintage e jazzate ma soprattutto alla sorprendente voce della cantante, “nera” e molto più matura di quanto la sua giovane età possa far supporre. Il singolo “Stronger than me”, composto dalla Winehouse col produttore Salaam Remi, le frutta anche un Ivor Novello Award, prestigioso premio inglese riservato ad autori e compositori musicali. L’inquieta Amy è tuttavia insoddisfatta dei risultati, a suo modo di vedere troppo manipolati in studio e poco in linea con le sue vere aspirazioni musicali: decide dunque di prendersi un lungo periodo sabbatico durante il quale resta sulle pagine dei giornali gossip e delle testate musicali soprattutto in virtù di una serie di gaffe, incidenti e intemperanze che hanno a che fare con la sua passione per gli spinelli e l’alcol (di questo parla esplicitamente il successivo singolo “Rehab”) ma anche, pare, con ricorrenti crisi depressive.
 
Perso drasticamente peso, si ripresenta a fine 2006 con un nuovo disco, BACK TO BLACK, ispirato alla musica dei gruppi vocali femminili anni ’50 e ’60, a Phil Spector e alla Motown: coprodotto ancora da Remi a fianco di Mark Ronson (Robbie Williams, Christina Aguilera, Lily Allen) e lanciato dal succitato “Rehab” (top ten in Gran Bretagna), il cd scala le classifiche inglesi raggiungendo il numero uno nel gennaio del 2007. Intanto piovono altri riconoscimenti (un Brit Award come migliore artista britannica di sesso femminile) e gratificazioni anche da parte di colleghi blasonati come Paul Weller, che condivide il palco con lei in un paio di occasioni. 

Il 2007 è costellato da due cose: la crescita inarrestabile della sua fama e del suo successo, e il susseguirsi di gossip e notizie sulla sua disastrata vita, tra liti con il marito, uscite pubbliche imbarazzanti e problemi di dipendenze. Il culmine arriva nel 2008, quando le viene inizialmente rifiutato il visto di ingresso negli Stati Uniti, dove sarebbe dovuta recarsi per partecipare alla cerimonia dei Grammys. Si esibisce comunque in collegamento dall'Inghilterra, e risulta la trionfatrice della serata, con ben cinque premi.
Gli anni successivi sono molto, molto tormentati: Amy fa notizia soprattutto per i suoi problemi di dipendenza, le continue liti con il compagno/marito Blake Fielder-Civil (da cui divorzia definitivamente nel 2009), e l'incapacità di dare un seguito alla sua carriera discografica. Riesce a tenere qualche concerto sparso qua e là, si ritira per diverso tempo nell'isola di Santa Lucia. Ma la prima vera tournée, organizzata in Europa per l'estate del 2011, naufraga dopo la prima data a Belgrado, in cui la cantante si presenta visibilmente alterata e incapace di cantare. Poche settimane dopo, il 23 luglio, viene trovata cadavere nella sua abitazione di Londra.

mercoledì 26 dicembre 2012

TOTTENHAM COURT ROAD & SOHO - A spasso tra tradizione e trasgressione

Il nostro itinerario di oggi parte dall’incrocio tra Tottenham Court Road e Oxford Street, il centro principale dello shopping nel West End. Questo santuario del consumismo si estende per chilometri fino alla torre del Center Point, ed è probabilmente il punto della città più affollato dai pedoni. Grandi magazzini, catene di ristoranti, negozi di souvenir e quant’altro incorniciano Oxford Street per la gioia di chi ama fare shopping.

Se però non amate la ressa, il nostro consiglio è di arrivarvi la mattina, dalle 10 alle 12 nei giorni infrasettimanali. Per chi lo desideri alcuni grandi magazzini come Debenhams, situato al 334 di Oxford Street, forniscono gratuitamente il servizio di personal shopper, una persona qualificata al servizio del cliente che offre consigli su abbinamenti di colore, taglie e ritocchi sartoriali.

Un altro grande centro commerciale da visitare è sicuramente Selfridges al 400 di Oxford Street che insieme a Harrods rappresenta un punto di riferimento per tutti coloro che possono spendere qualche sterlina in più per un guardaroba di classe. Se assieme al guardaroba volete rinfrescare le vostre capacità linguistiche, sappiate che al 139 di Oxford Street ha sede la Callan School, la più grande scuola di inglese d’Europa che ogni mese riceve più di 5000 iscrizioni.

Tottenham Court Road invece è il paradiso per tutti coloro che vogliono acquistare elettrodomestici o prodotti multimediali. Uno dopo l’altro troverete grandi e piccoli rivenditori di elettronica nei quali spesso le numerose occasioni esposte in vetrina costringono alla ricerca del prezzo più basso lungo tutta la via; ma se volete risparmiare non poche sterline per un portatile o una fotocamera digitale ne vale assolutamente la pena.
Libri
Lungo la spina dorsale di questa zona, Charing Cross Road, è possibile imbattersi in molte vie pedonali adiacenti che pullulano di librai e venditori di libri usati; accanto alle grandi catene come Borders o Blackwells troverete una serie di piccole librerie dove trovare libri nuovi o usati, la maggior parte specializzate in differenti argomenti come la fotografia, le arti applicate la letteratura poliziesca o la letteratura per bambini. Una menzione particolare va fatta all’Italian Bookshop in Cecil Court, una libreria che vende soltanto libri in italiano.
Soho
A due passi da Oxford Street e da Tottenham Court Road inizia uno dei quartieri più vivaci di Londra: Soho. Questa zona, delimitata a nord da Oxford Street, a est da Charing Cross Road, a sud da Shaftesbury Avenue e ad ovest da Regenti Street, prende il nome da un antico grido di caccia (“Soo Hoo!!”) e rimane una delle più eterogenee della città, che da secoli ha dato ospitalità a un largo numero di immigranti dall’Europa, tra Karl Marx o Mozart.

Per qualcuno esemplifica il peggio della capitale per quanto è sporco, affollato e rumoroso, per altri invece incarna la multiculturalità, la vitalità e l’inesauribile energia di questa città. Soho è un quartiere da esplorare a qualsiasi ora del giorno e della notte. In questo dedalo di vie si passa dalle sale da the conviviali, i teatri, il mercato di frutta e verdura in Berwick Street ai molti negozi di tendenza, i sexy shop, i club e le discoteche aperte fino a notte fonda. Qui hanno sede anche molte agenzie pubblicitarie e compagnie di produzione cinematografica e televisiva. Una tappa fondamentale per gli appassionati di fotografia è la Photographers’ Gallery in Ramille Street, la più famosa galleria dedicata alla fotografia della città.

Locali piccanti
Soho è considerato un quartiere a luci rosse per i molti locali di spogliarelliste e i sexy shop; se siete alla ricerca di atmosfere piccanti sappiate che i due night club più in della zona sono il Punk Club in Soho Street, aperto fino alle 4, e il Crystal al 78 di Well Street. Com’è noto però, questo quartiere ospita anche la più famosa comunità gay di Londra.
Numerosi sono i ristoranti e i pub dell’arcobaleno presenti sul suolo di Soho, tra i più importanti citiamo il il G-A-Y (30 Old Compton Street), caratterizzato da un’atmosfera vivace che riempie i suoi tre piani e famoso per essere stato lo sfondo del video di Madonna Sorry, il Comptons of Soho (51-53 Old Compton Stree), uno dei primi pub gay della zona; il Duke of Wellington (77 Wardour Street) con la sua musica a tutto volume e l’Escape Bar (10a Brewer Street), famoso per i Dj che ci lavorano e la clientela eterogenea, per i club segnaliamo invece l’elegante The Shadow Lounge (5 Brewer Street) e il Ghetto (5-6 Falconberg), uno dei più famosi club della città, ma come potete immaginare la lista è davvero lunga!!

Al pari dei locali d’intrattenimento, Soho è particolarmente fornita di negozi di tendenza, alcuni dei quali fanno mostra di se per le loro vetrine particolarmente curate, e altri un po’ più piccanti, passeggiando per le vie di questo quartiere non vi sarà difficile scoprirli; tra i tanti eccovene alcuni dei più famosi: il Prowler Soho (5-7 Brewer Street), il Clone zone (64 Old Compton Street) e il Bizarre (4A Peter Street).

giovedì 20 dicembre 2012

GRAND BAZAR - Cucina Turca di qualità!

La nostra amica Sally ha provato per noi un eccellente ristorante turco nell'ovest di Londra. Il risultato è stato ottimo!

Sono stata al Grand Bazaar per pranzo e ne sono rimasta incantata... Il ristornate e' in James Street, una stradina posizionata tra Selfridges a St Christofer place, ricca di ristorantini, quasi tutti di buona qualita'.

Il GRAND BAZAR ha tavolini sulla strada, puliti ed invitanti, ma considerato il tempo incerto ho scelto di pranzare all'interno. 
E proprio l'interno il posto vi sorprende: particolarmente caratteristico, accogliente, con le tipiche lampade turche appese al soffitto, piccoli tavoli in legno ed un'atmosfera in pieno stile Istanbul.
Per iniziare vi consigliamo di ordinare una bella birra EFES, la tipica turca, chiara dal restrogusto dolce, accompagnata da stuzzichini vari di antipasto (portati dal cameriere subito ed offerti dalla casa).
Lo staff è gentile e premuroso, il menu e' davvero vario ed offre un'ampia scelta di prelibatezze; noi abbiamo optato per lo Special Baloon bread, (un pane tipico che ha la forma di un palloncino e viene servito molto caldo con una speciale salsina) l'immancabile Hummus, che pero' si e' rivelato un po' carente di gusto e, come main course, la specialita' di questo ristorante: la pizza turca (Sucuklu peynirli pide), davvero deliziosa. E' cotta in uno speciale forno e si presenta come una pizza dalla forma un po' allungata,  servita già tagliata, con vari tipi di condimenti a scelta: tra le più apprezzate salsiccia turca e peperoni, oppure per i veg pomodori a cubetti, cipolle, tabasco e peperoni.
A fine paso un dolcetto di sfoglia (una versione deluxe delle tortine dei kebabbari.
Il costo totale è stato di poco meno di £20. La mancia non e' inclusa, ma considerata la gentilezza ed efficienza dello staff, non si puo' non lasciare una piccola riconpensa per il buon servizio ricevuto.
Da provare.


Type: Turkish
Add: 42 James Street London W1N 5HS
Tel: +44(0)20 722 41544
Price: £££££

Transp: Tube Station Bond Street
Web:
http://www.grandbazaarrestaurant.co.uk/

martedì 18 dicembre 2012

THE SOUND OF LONDON - SEX PISTOLS

La storia dei Sex Pistols ha inizio nel 1972, quando il batterista Paul Cook ed il chitarrista-cantante Steve Jones formano una band che da lì ad un lustro entrerà nella leggenda: I Sex Pistols. Comunque il loro primo nome è "Strand", e la line-up è arricchita dai loro compagni di scuola Warwick Nightingale e Jimmy Mackin. Steve Jones, teppistello di quartiere, fa subito presagire il suo destino poichè si incarica di provvedere alle strumentazioni necessarie al gruppo,rubandole. Il chitarrista inoltre trascorre regolarmente i weekends al negozio "Let It Rock" a Kings Road, mandato avanti dai due padri spirituali del punk inglese: il truce Malcom McLaren e la stramba Vivienne Westwood. Steve chiede ai due un locale in cui esibirsi e Malcolm trova il "Covet Garden community". In quella stessa settimana arriva anche il bassista Glen Matlock. L'importanza prioritaria ora diventa quella di trovare un vocalist adatto alle esigenze del gruppo, e viene scelto un criminale con i capelli colorati, le vesti strappate e il soprannome di "Sex": è John Lydon. Viene audizionato nello stesso negozio accompagnando Alice Cooper che canta in un juke-box. Lydon poi diventerà Rotten (marcio), in seguito ai continui commenti di Steve riguardo i denti del neo cantante. La band così parte, e le influenze sono subito evidenti: Small Faces, MC5, Stooges. Nel Novembre del 1975 la prima esibizione dal vivo, accompagnando i Bazooka Joe di Adam Ant al St. Martin College a Londra. Sono finalmente nati i "Sex Pistols". La loro prima formazione è la seguente: Rotten canta, Jones è il chitarrista, mentre Matlock e Cook sono rispettivamente a basso e batteria. Nelle seguenti date il gruppo acquista una fame inquietante per via del pogo sfrenato e delle esibilizioni violentissime. Nasce subito la prima band dei loro emuli, i "Bromley Contingent". Successivamente si ispireranno ai Pistols i Raped, i Damned, i Dead Boys, solo per citare i più famosi.

Da ora in poi sarà tutto una grande ascesa. Nel Settembre del 1976 suonano in un carcere ed ad un festival punk dove hanno modo di conoscere Sid, il batterista di Siouxsie. Ad ottobre firmano un contratto per la E.M.I. ed ecco subito il primo hit: "Anarchy in the UK". E' un successo immediato. La canzone è il punk, è il simbolo di un movimento musicale che lascierà traccia indelebile nel fututo. Contro le previsioni dei critici musicali, troppo impegnati a lodare le canzoni disco di Bee Gees e compagnia, "Anarchy in the UK" in poche settimane raggiunge la vetta delle classifiche inglesi. Il 1 Dicembre 1976 la band dovrebbe trascorrere una serata in tranquillità, magari vedendo "Today", un programma su Thames TV. Ospiti i Queen. Succede però che il gruppo di Freddie Mercury non può partecipare, e gli organizzatori invitano i "musicisti del momento": i Sex Pistols. Conduce Bill Grundy. Il presentatore provoca subito la band, che risponde con una serie di battute volgari: su tutto ricordiamo quella di Rotten, che invita Grundy a tornare nel grembo materno per via anale, e quella di Jones, che gli dà del porco per tutta la serata in seguito ad un apprezzamento del conduttore su Siouxsie. Il giorno dopo tutte le copertine sono per loro: la bigotta stampa inglese vuole che i quattro siano immediatamente oscurati e dimenticati.

La E.M.I. li licenzia, anche perchè era stanca di subire continue rapine da parte dei Pistols. Subito arriva la firma per la A&M, che li caccia dopo poche settimane, senza il tempo di pubblicare "God Save the Queen", e "The great Rock'n'Roll Swindle", un film. Infine si accasano presso la Virgin, dove pubblicano i loro lavori già pronti. "God save the Queen" viene presentata su una chiatta sul Tamigi, ed i Pistols suonano ed urlano mentre si sta festeggiando il giubileo per Elizabeth. Per la cronaca, la festa in barca viene interrorrotta dai poliziotti e per gli insulti alla regina e per l'orgia che era ormai pienamente in atto e vedeva protagonisti i magnifici quattro. Anche Rotten e soci festeggiano, con una canzone il cui testo recita: "Dio salvi la regina, che il regime fascista ha reso cretina". Seguono altri due singoli: "Pretty Vacant" e "Holidays in the sun".
Nel Novembre del 1977 ecco l'album "Never mind the Bullocks- Here's the Sex Pistols", che arriva subito alla cima delle classifiche, nonostante molti negozi si siano rifiutati di venderlo. A Dicembre parte il tour, che si concluderà con un memorabile concerto il 10 Gennaio 1978 a San Francisco. Rotten chiede al pubblico: "Non vi sembra di essere stati truffati?" e subito dopo annuncia la fine del gruppo.

Un anno dopo, il 2 Febbraio 1979 muore il bassista Sid Vicious, che sarà sostituito dal vecchio bassista Glen Matlock al momento della reunion della band, nel 1996. Vicious è morto per overdose di eroina.

lunedì 17 dicembre 2012

CLUMBIA ROAD FLOWER MARKET - Una domenica floreale!

Sebbene la columbia road, sia super affollata fin dalle prime ore del matino (a causa del fatto che è l'unico giorno di trading al mercato) una visita al Flower Market è praticamente obbligatoria, anche se non dovete comprare nulla. Il fascino e l'atmosfera di questo mercato sono unici: stile cockney al 100%
Ci sono stato diverse volte negli ultimi anni, in estate quando il mercato dei fiori è luminosa e colorato e in inverno quando tutti gli alberi sono addobbati per il Natale e credo di poter dire che sia uno dei mercati più belli della città! Un tuffo nella tradizione londinese, con una quantità spropositata di piante che non sono però le uniche protagoniste: a farla da padrone infatti sono i pittoreschi "fioristi" dell'east end che urlano a gran voce le loro offere ("It's two for faiva" la frase più rocorrente) con pieno accento "cockney".
A completare l'opera i favolosi negozi e venditori di cibo che costeggiano il mercato: potrete mangaire, bere, fare acquisti insoliti e particolari o gustarvi tutte le prelibatezze "take away" che offre questa parte di londra: gamberi fritti, patatine, mash pie, anguilla e via dicendo.

Percorretelo tutto e quando arriverete in zona Bricklane, potrete dedicarvi a mobili antichi e acquisti vintage... un modo insolito di passare la domenica mattina.
Poco indicato per chi detesta la ressa!

venerdì 14 dicembre 2012

REGION D'ETRE - Pranzetto veloce alla francese!

Che fantastica scoperta Ragion d'Etre, caffetteria/Bar/Tavola fredda sulla Bute Street (molto-francese) in South Kensington da visitare assolutamente. 
Il locale è accogliente con un'atmosfera calda e familiare, che permette di rilassarsi e rifocillarsi in pace. Matt, il proprietario, è disponibile e carismatico: lui e il suo staff offrono un servizio di prim'ordine che vi invoglierà a tornarci di sicuro. I panini sono deliziosi, la scelta è davvero vasta e soddisfa anche i clienti vegetariani, stesso discorso per le zuppe, le torte salate e i tramezzini... svenevoli! Nota di merito anche per il reparto pasticceria: le paste e le torte sono buone e abbondanti. 
Il nostro consiglio è quello di ordinare una bella d'Etre baguette accompagnata da una bibita a scelta, per poi completare il pranzo con il delizioso Pain aux Chocolat fatto a mano dallo staff.
Vasta scelta di tè, caffè (americano/espresso/Cappuccino), bevande fresche e qualche birra in bottiglia completeranno il vostro pasto.
Insomma una location consigliatissima per un pranzo veloce, una colazione o un attimo di relax senza troppi fronzoli...

Type: French/Cafè
Add: 18 Bute Street - South Kensington, SW7 3EX
Price: £££££
Tel: +44(0)20 7584 5008
Open: mon-fri 7:30-18:00 / sat 8:30-16:00
Web: http://www.viewlondon.co.uk/raison-detre


giovedì 13 dicembre 2012

FOOTBALL IN LONDON - MILLWALL

La squadra: il Millwall Rovers fu fondato dai lavoratori della J.T. Morton a Millwall nell'East End di Londra, precisamente sull'Isle of Dogs nel 1885. La J.T. Morton era proprietà dello scozzese James Morton, il quale aprì la sua fabbrica sull'Isle of Dogs nel 1870, attirando manodopera da tutto il paese, inclusa la costa orientale della Scozia. Il gruppo di operai che fondò il Millwall infatti era in maggioranza (ma non esclusivamente) scozzese. Nel 1889 il club fu ribattezzato Millwall Athletic.
Da allora il club, che nel 1985 cambiò denominazione in Millwall Football & Athletic Company Limited, ha trascorso la maggior parte della propria storia nelle divisioni inferiori all'attuale Premier League, in cui militò per sole due stagioni, nel 1988-1989 e nel 1989-1990. La squadra che salì alla ribalta in quel biennio contava su un giovane Teddy Sheringham e su Tony Cascarino.
Nel 2004 il Millwall visse il periodo di gloria più lucente, quando raggiunse sorprendentemente la finale della FA Cup, che perse contro il Manchester United, e si qualificò pertanto per la Coppa UEFA 2004-2005. In quel torneo fu eliminato al primo turno dagli ungheresi del Ferencváros.
Nel 2006 la squadra scese in Football League One, la terza divisione inglese.
Nel 2009-2010, dopo aver battuto lo Swindon Town per 1-0 nella finale play-off di Football League One, è tornato in seconda divisione. Nella prima stagione dopo il ritorno in Football League Championship, il Millwall ottiene un risultato ampiamente soddisfacente terminando il campionato al nono posto con 67 punti. Grande protagonista della stagione è Steve Morison che colleziona 15 reti in campionato; al termine della stagione l'attaccante sarà però ceduto al Norwich City neopromosso in Premier League.
Il Millwall non inizia nel migliore dei modi la stagione 2011-2012; pertanto nel mercato di Gennaio decide di rinforzarsi, soprattutto in attacco, prendendo in prestito Harry Kane e acquistando a titolo definitivo Andy Keogh. Gli inserimenti di Gennaio si riveleranno azzeccati ed il Millwall riuscirà a conquistare la salvezza piazzandosi al sedicesimo posto con 57 punti.

Hooligans: conosciuti in ogni parte del pianeta, gli hools del millwall, sono condierati tra i più violenti di tutta l'inghilterra. Nemici storici dei West Ham, con i quali si spartiscono la zona orientale di londra, i Millwall sono riusciti, attraverso decenni di scontri, disordini, attacchi ai pub nemici e risse in mezzo al campo, a creare intorno a loro, un vero e proprio alone di leggenda. Recandosi al New Den infatti, noterete come la maggior parte dei turisti presente al campo, sia li più per il mito degli hooligans di londra sud, che per la squadra stessa, da anni ormai relegata in 2 e 3 divisione. Le firm principali sono i Bushwachers, i Treatment e la F-Troop: i Bushwackers, secondi nati in ordine cronologico, sono stati tra le più attive firm degli anni ottanta, nonchè la gang più "famigerata" tra gli hooligans del Millwall: violenti, destroidi, razzisti e di estrazione sociale bassa, prendono il nome da un gruppo militare che tendeva agguati durante la guerra civile americana. Le rivalità principali sono contro West Ham, Chelsea, Portsmouth e Leyton Orient, ma si può dire che si odino con tutta l'isola britannica e non solo.
La firm dei Bushwackers è tuttora esistente, sebbene non abbia più le dimensioni numeriche degli anni '80. Un duro colpo alla banda, oltre alle leggi restrittive tanto famose nel mondo, l'ha data l'iniziativa di tesseramento dei tifosi da parte dell'ex presidente del Millwall Theo Paphitis, in seguito agli incidenti avvenuti fuori al New Den Stadium la sera della semifinale playoff contro il Birmingham City, nel maggio 2002. Il sergente Russell Lamb del Metropolitan Police Service, descrisse gli incidenti di quella sera come la peggior forma di violenza che avesse mai visto nella sua carriera. Per saperne di più sugli hools del Millwall: "Millwall:Lions of the South" di James Muray (Indispensable Publications), "No One Likes Us, We Don’t Care" di Garry Robson (Berg Publishers), "Only A Game?" di Eamon Dunphy (Penguin), "We Fear No Foe" di Colin Johnson (S.T. Publishing)

Andare a vedere il Millwall: se decidete di andare a vedere il Millwall, sarà sufficiente recarsi al THE DEN con un certo anticipo rispetto al fischio iniziale e potrete tranquillamente acquistare i biglietti d'ingresso alla biglietteria. La squadra è pessima ed è praticamente impossibile che si registri il tutto esaurito, salvo partite contro avversarie storicamente nemiche come West Ham, Chelsea, Leeds (attualmente incontrabili solo in fa cup). Se comunque non volete correre alcun rischio, prendete i tickets direttamente sul sito ufficiale del Millwall (www.millwallfc.co.uk/Per arrivare allo stadio prendete la linea EAST LONDON della metro fino a NEW CROSS GATE e poi il treno fino alla stazione di South Bermondsey. Il quartiere intorno allo stadio è piuttosto popolare, stradaiolo e "poco raccomandabile" soprattutto se siete da soli. E' facile imbattersi in gruppetti di ragazzini "chavs" in tuta e scarpe bianche che fanno da "vedette" per le firm di hools, ma solitamente gli stranieri non vengono considerati molto.
Se volete bervi un paio di pinte prima della partita, vi consigliamo il The Hole in the Wall (5 Mepham St, London, SE1 8SQ) o il The Wellington (81-83 Waterloo Road, Waterloo, SE1 8UD).
Da evitare (a meno che non siate facce conosciute) The Miller of Mansfield (London Bridge), Duke of Albany e la maggior parte dei pubs intorno allo stadio.

sabato 8 dicembre 2012

THE CLAPTON HART - L'avanguardia Hipster di Londra

Sulla via principale di Clapton, quartiere in super sviluppo "trendy" dell'east side, troviamo il THE CLAPTON HART, da alcuni definito "l'avanguardia hipster di Londra".
Pub, ristorante, live music, il CH è un posto davvero accogliente, ideale per una pub session pre cena, ma anche per una lunga serata di pinte con gli amici. L'arredamento è minimale, l'atmosfera piuttosto tranquilla, con luci basse e grossi finestroni che danno sul passaggio; la scelta di birre è vasta: alle classiche lager più commerciali (Stella, Carling, Carlsberg) si affiancano le solite stout ed una ricca scelta di real Ale e birre artigianali. I tavoli grandi, in legno grezzo, permettono alla clientela di "condividere" le bevute e fare amicizia coi vicini, ma non immaginatevi un posto troppo "caciarone": l'atmosfera easy ne fa un pub più indicato per un primo appuntamento col nuovo partner, piuttosto che per una chiassosa sbronza di gruppo.
Lo staff è giovane e modaiolo, un po' come la clientela, per lo più tendente all'hipster/fixed bike e questo, a seconda dei punti di vista, può essere un pregio o un difetto.
La cucina è aperta fino alle 21:30, sul menù compaiono hamburger, fish & chips, arrosti, ma anche una discreta scelta di piatti veg.

Un posto super consigliato se volete rilassarvi un attimo, bevendovi una buona birra nel cuore della "nuova shoreditch" a.k.a. l'avanguardia hipster di Londra...

nb: il retro del locale ospita una sala di medie dimensioni, dedicata a live music e dj set, ma al momento della nostra visita, la zona era chiusa. 

Type: Cool
Add: 231 Lower Clapton Road E5 8EG
Tel: +44(0)20 8985 8124
Open:
4-11pm Mon-Thur; noon-midnight Fri, Sat; noon-11pm Sun
 
Web:
http://www.claptonhart.com/

giovedì 22 novembre 2012

VEGAN LONDON

Un vademecum dichiaratamente non esaustivo su cosa fare, dove andare, dove cercare e cosa aspettarsi dalla Vegan London.

Londra è, come New York, una delle città più aperte e più facili da vivere se sei un vegetariano o un vegano, ma vorrei evitare di proporvi una lista di ristoranti o locali dove andare, anche perchè io stessa li frequento pochissimo. Vorrei però rispondere a una serie di domande che spesso mi vengono fatte da amici o conoscenti, vegani o vegetariani, che vengono a Londra per qualche giorno o per tempi un po’ più lunghi.
La buona notizia (ovvero la scoperta dell’acqua calda) è che anche nella grande distribuzione alimentare è facilissimo trovare alimenti vegani o vegetariani. Sainsbury, Waitrose, ma qualcosa anche Tesco, sono abbastanza forniti di prodotti vegani, ma attenzione: se è facilissimo trovare il tofu, e anche di più marche e aromatizzato in vari modi, scordatevi di trovare prodotti un po’ più particolari tipo tempeh e cotolette di seitan. Perdete la speranza anche per le “palline” di soia. Facilissimo invece trovare latti vegetali, di tutti i tipi. Waitrose e Sainsbury hanno anche la sezione “free from”, ovvero la sezione per chi soffre di allergie: spesso i latti diversi da quello di soya (riso, mandorla eccetera) si trovano qui. Ma si trovano anche maionesi senza uova, “finti” formaggi grattugiati o similari. Alcuni supermercati hanno anche hamburgherini o salsiccine già pronti, a base di fagioli di soia, noci, tofu o altro. Personalmente non ne faccio molto uso – sono sicuramente buoni ma contengono “troppi” ingredienti per i miei gusti, io sono molto minimalista anche nel cibo. Ma è una questione di gusti. La raccomandazione è sempre la solita, leggere bene gli ingredienti – spesso si trova il marchio con il girasole che significa che e’ un prodotto vegano, in altri casi lo è anche senza logo.


Attenzione al Quorn, da molti erroneamente ritenuto vegano: tutti i tipi contengono uova e alcuni anche formaggio.
Per trovare prodotti più “specializzati”, e parlo di seitan già pronto, tempeh (se avete occasione accaparratevi il tempeh della marca “Paul”, il migliore mai mangiato!) e cose analoghe bisognerà andare in uno dei cosiddetti “healthy shops” che, almeno nella capitale, si trovano molto facilmente. Qui trovate anche alimenti come lo 
Sheese, altri “formaggi” vegani, la panna di soia e i prodotti giapponesi (tamari, vari tipi di alghe, condimenti vari, agar agar). Alcuni nomi: Holland & Barrett (noti soprattutto per integratori e vitamine, i negozi hanno spesso anche prodotti specificamente vegan e vegetariani, tipo tofu, yogurt di soia, salsiccine e hamburgers, già pronti o da assemblare); ma anche da Revital e da Planet Organic si trovano diverse cose. Questi tre sono delle “catene” o meglio dei franchising, ma gli healhty shops “indipendenti” si trovano davvero ad ogni angolo.
Menzione d’onore spetta ovviamente al 
Whole Food Market. In particolar modo quello di High Street Kensington, pare, quanto a estensione di superficie e di range di prodotti si contende la palma d’oro con quello di NYC


Credo che i prodotti siano un po’ diversi, ma non è diverso direi l’approccio: tutti alimenti (ma non solo alimenti) organic, cioè biologici, fair trade con tanto di “assaggini”. E credo anche che la sezione vegan – vegetariana sia un po’ più sguarnita, ma credetemi vale la pena spingersi fino all’angolo sud ovest di Hyde park – qui si trova il WFM. Al secondo piano trovate il ristorante Saf, vegano-crudista, nato addirittura in Turchia, credo (un altro locale della stessa catena si trova nell’East End, vero Shoreditch). Se siete in zona Soho o Camden trovate due “filiali” del WFM molto più piccole ma comunque ben fornite.
Da Camden se volete potreste proseguire verso Kentish Town, e andare da Earth, una specie di Whole Food, con prodotti organic e fair trade e soprattutto uno scaffale enorme con spezie varie dove potete rifornirvi da soli, decisamente la parte più interessante del negozio. Questo è l’unico posto, finora, dove ho trovato il famigerato instant seitan, o farina di puro glutine che tanti su VeganBlog usano per confezionare polpettoni, hamburghers e salsiccine (me compresa da quando l’ho scoperto). Lo vendono con il loro marchio, per questo credo che sia difficile trovarlo – probabilmente hanno supplito a una “carenza del mercato” con un prodotto proprio.
Se rimanete in zona Camden, provate ad andare all’
Inspiral Lounge, proprio attaccato al ponte con vista sul canale – io ancora non ci sono mai stata (a mangiare, ma a fare opera di volantinaggio per VeganWiz sì…) ma lo vedo sempre pieno.


Di tanto in tanto organizzano anche veri e propri happenings, festicciole, seratine e cose analoghe.
Non dimentichiamoci inoltre che Londra pullula di negozi etnici, in particolar modo cinesi e giapponesi – ma anche indiani e mediorientali. Per il cinese, inutile che ve lo insegni, il posto dove andare è Soho, in modo particolare Gerrard Street, il cuore pulsante della Chinatown londinese. Ci sono diversi ristoranti, alcuni dei quali a buffet (ma con poca scelta per un vegetariano o vegano) – ma il vero motivo della visita sono due grandi supermercati, uno quasi di fronte all’altro. Qui si trovano svariati tipi di tofu, al naturale o semilavorato, assieme a tanti altri alimenti o utensili da cucina che spesso si leggono solo nei food blog internazionali e che con molte difficoltà si trovano in Italia. Al solito, date un occhio agli ingredienti, serve solo una buona conoscenza del cinese. No, sto scherzando, nel 90% dei casi gli ingredienti sono tradotti.
Se volete buttarla sul giapponese, il posto per voi è il 
Japan Centre, che recentemente ha cambiato nome (ora si chiama Umai), indirizzo (non e’ piu’ in Piccadilly ma in Regent’s Street, nel tratto che va da Piccadilly Circus giù verso il Pall Mall) e si è “rimbelloccito”, ma sempre Japan Centre è: svariati tipi di tofu, sushi di ogni tipo vegetariano e vegano (ma attenzione alla maionese che viene infilata random un po’ ovunque).


C’è anche una specie di “rosticceria” che serve zuppa di miso, zuppe varie con noodles, involtini anche di verdure, tempura. Da consumare al momento o da portarsi a casa. Nel negozio, che in realtà è un supermercato frequentatissimo dai giapponesi per primi, trovate tè e miso di ogni tipo, riso, salsine e condimenti vari. Anche qui niente panico, nella maggior parte dei casi gli ingredienti sono stati tradotti, stampati su un’etichetta e appiccicati sulla confezione (in inglese ovviamente). Per chi già lo conosce ma ci è stato qualche anno fa, adesso si è diviso in due sezioni: la parte con gli utensili da cucina e i bento box (per tutti i gusti, garantito) è rimasta dove era il negozio precedente, ovvero in Piccadilly, a pochi passi da Piccadilly Circus.
Non dimentichiamoci inoltre le possibilità offerte dai vari negozi e supermercati indiani (in questo caso “La” zona dove andare è l’East End, Brick Lane in particolare) o mediorientali in genere.
Un capitolo a parte meriterebbe la sezione ristoranti e bar, per il quale vi rimando a
questo sito. Io non sono quasi mai andata a un ristorante “dichiaratamente” vegano, ma ho sempre sfruttato le possibilità che offrono i ristoranti “etnici”, diffusissimi e di ogni tipo.
Dal giapponese all’indiano (attenzione però ai latticini e al ghee in modo particolare), dal libanese (il mio preferito) al messicano, piatti vegani si trovano senza troppa difficoltà. In genere questi tipi di cucina (fatta eccezione per l’indiano) non usano latticini e burro come ingredienti “aggiuntivi” e non dichiarati, se li usano viene chiaramente descritto nel menù – ed in ogni caso vale sempre la solita regola: chiedete. Su 
Time Out potete cercare un tipo specifico di ristorante selezionandoli per zona, viene riportato anche il sito internet se ce l’hanno e da qui potete consultare il menù.
Se capitate a Covent Garden allungate la passeggiata fino alla Neal’s Yard.


Qui trovate la Yard vera e propria, cioè una coloratissima chiostrina interna, una specie di piazzetta; un bar/ristorante con tavoli all’aperto che serve anche e soprattutto piatti vegan/vegetariani, ma anche gluten free. Ma la sosta d’obbligo è nel profumatissimo negozio di Neal’s Yard Remedies, ovvero cosmetici naturali, biologici e al 90% vegani (quelli non vegani non lo sono perché si utilizza la cera d’api); ma anche olii essenziali e tisane di ogni tipo. Vale decisamente la pena lasciarsi ubriacare da tutti quei profumini deliziosi! Non comprerete nulla, probabilmente, perché i prezzi sono altini (ma secondo me il gioco vale la candela), ma avrete provato tutti i campioncini e ne uscirete incremati e profumati da capo a piedi.
Infine, se avete la possibilità di cucinare voi stessi, non dimentichiamoci i 
mercati- ma sono certa che anche in questo caso non ho molto da insegnarvi. I più importanti sono Borough Market (sotto alle arcate della stazione di London Bridge da giovedì a sabato inclusi), Portobello a Notting Hill, Brixton (per le specialità afro-caraibiche), Broadway Market, Brick Lane Market. Ma i Farmer’s Marketsono un po’ un’istituzione in tutto il Regno.
Ovviamente non si tratta di una “guida”, né tantomeno questo articolo ha la pretesa di essere esaustivo, diciamo che è solo molto basato sulla mia esperienza. Per cui se all’ascolto ci sono altri Londinesi mi piacerebbe molto sapere come è la loro Vegan London.
Per ulteriori informazioni vi rimando al sito della Vegan Society, 
qui.
Buon divertimento!


Eleonora Pini (http://www.promiseland.it/)

martedì 20 novembre 2012

NEWS FROM LONDON

Elisabetta II d'Inghilterra e il Duca di Edimburgo festeggiano oggi la 'storica' ricorrenza: il giuramento di eterna fedeltà che si fecero il 20 novembre del 1947 nell'abbazia di Westminster a Londra. Ieri i coniugi al 'Royal Variety Performance', il concerto-evento con una carrellata di star inglesi.

La Regina Elisabetta II d'Inghilterra e Filippo, Duca di Edimburgo sposi esattamente 65 anni fa. L'anniversario della nozze è oggi, ma nessun evento pubblico, riferiscono i media inglesi, è previsto per festeggiare il matrimonio reale che si svolse il 20 novembre del 1947 nell'abbazia di Westminster a Londra. D'altronde il 2012 è stato un anno ricco di appuntamenti importanti nel regno di Elisabetta II con le celebrazioni del Giubileo e le Olimpiadi, così la coppia ha deciso di ricordare in forma privata il giuramento di eterna fedeltà fatto 65 anni fa.

Non è comunque mancata occasione di farsi vedere in pubblico: ieri, infatti, Elisabetta II e consorte erano al Royal Albert Hall di Londraper il concerto-evento 'Royal Variety Performance', giunto all'edizione numero 100. Sul palco si sono esibiti davanti a Sua Maestà diverse star, tra cui Andrea Bocelli, Neil Diamond, Kylie Minogue, Girls Aloud, Alicia Keys, Robbie Williams e la boy band One Direction.
La storia d'amore. Era l'estate del 1939 quando Elisabetta, 13 anni appena, incontrò per la prima volta il suo lontano cugino Philip Mountbatten, principe di Grecia. Fu colpo di fulmine. Da allora e per tutta la durata della guerra tra i due ci fu un intenso scambio di lettere. Poi nel 1946, Filippo decise di chiedere a re Giorgio la mano di sua figlia. L'anno successivo il fidanzamento ufficiale e le storiche nozze celebrate il 20 novembre. Oggi l'anniversario, 65 anni di unione che è un record assoluto che nessun monarca inglese ha mai raggiunto.
Dopo le nozze la coppia regale abitò a Clarence House, a Londra. Il primo figlio, Carlo - ora Principe del Galles- nacque il 14 novembre 1948. Dopo di lui vennero alla luce Anna (1950), Andrea (1960) e Edoardo (1964). Elisabetta II salì al trono il 6 febbraio 1952. Aveva solo 25 anni.
Curiosità. Il Duca di Cambridge è il membro più popolare della famiglia reale. Secondo un sondaggio di Ipsos/Mori, il principe Filippo raccoglie il 62% delle simpatie. Subito dopo la Regina con il 48% delle preferenze. E poi il principe Harry con il 36%. La duchessa di Cambridge gudagna il quarto posto (23%).

http://www.dailymail.co.uk/femail/Happy-anniversary-Your-Majesty-Queen-Prince-Philip-celebrate-65-years-marriage--FEMAIL-looks-long-happy-union-photo-year.html

giovedì 8 novembre 2012

LONDRA SUGLI SCHERMI - The Football Factory


“The Football Factory”, film del 2004 che descrive la violenza del calcio inglese (e del mondo degli hooligans), e un must per tutti gli amanti del football e delle sottoculture, diretto da Nick Love e basato sul best seller omonimo di John King.
Scontri continui e gratuiti (quasi tutti fuori e addirittura lontano dai campi di calcio) che vedono protagonista la frangia più estrema dei tifosi del Chelsea e che non si limitano al week end della partita: la violenza infatti, vista come stile di vita, accompagna tutte le giornate del protagonista Danny e dei suoi compagni. Droga, alcool, maschilismo e pseudo-machismo all’ennesima potenza, noia, mancanza di ideali e prospettive sono il micidiale mix che alimenta questi scontri vissuti dai protagonisti di tutte le età con trepida attesa e godimento assoluto. “The Football Factory” non ha nulla di “artistico” ma, al contrario, un taglio quasi documentaristico. Volutamente non c’è poesia nel film di Love ma una descrizione arida e realistica dei fatti il che ne fa un film pesante, duro, cattivo ma proprio per questo estremamente concreto, efficace e veritiero. Le misere esistenze di questi “maschi da branco” viene mostrata così com’è: priva di qualsiasi ideale, morale o educazione. Strabordante di fiero compiacimento nel considerare la violenza sugli altri niente più che un gratificante passatempo, quasi una droga o l’unico piacere della vita a cui proprio non si può, né si vuole, rinunciare.
In “The Football Factory” il calcio è un collante sociale, un'attrattiva che porta questi giovani ad aggregarsi in una violenta firm che pèrova amore incondizionato per i propri colori. I problemi dell’Inghilterra, delle periferie urbane, della sicurezza inglese vengono invece fuori subendo colpi forse ancora più duri di quelli che vediamo dare e ricevere da tutti i protagonisti del film. Le domande che nascono dalla visione di “The Football Factory” riguardano l’uomo e la società, non certo il pallone. Anche se chi guarderà o ha visto il film è certamente un tifoso di calcio. LONDRA appare splendida e davvero realistica in questa pellicola di cui consiglio a tutti la visione.